TALE OF TALES

Citiamo:

"In realtà, non vedo come questa scena indipendente possa avere qualcosa a che fare col game design. Sembrano piuttosto utilizzare i giochi ironicamente per questo o quest’altro proposito. Non vedo alcun segnale che questa gente prenda sul serio l’arte di fare videogiochi. Credo che si siano già ritagliati una nicchia per se stessi. Meglio: riempiano una nicchia che stava già lì. Gli accademici che studiano videogiochi sono molto ricettivi a questa roba. Sono sicuro che preferiscono guardare intelligenti parodie degli sparatutto che Doom o Half Life. Se questo gli attribuisce una qualche autorità in campo di giochi, il game design e la game culture sono un’altra questione. Penso che queste attività siano parte del mondo dell’arte, cioè parte di un sistema autosufficiente e marginale che ha tagliato ogni legame con il mondo abitato dagli umani perché è il suo unico modo per sopravvivere."
Non poteva essere fatta una fotografia così nitida di quello che sta accadendo. Per quanto ci riguarda, siamo ben fieri di usare videogames per altri propositi e di non prendere questa attività sul serio, anche se il sistema autoreferenziale dell'arte non può che farci orrore. Ma lo spunto più interessante è quello sul rapporto con gli studi accademici. Nello scorso decennio c'è stata una grandissima attenzione da parte di narratologi e semiologi riguardo alla narrativa ipertestuale, sono tuttora frequenti i saggi ed i convegni sulla narrazione interattiva. Un fatto curioso visto che gli esperimenti compiuti in questo genere letterario si contano sulle dita della mano. A posteriori, e con un pizzico di malizia, possiamo ipotizzare che questo clamore fosse derivato più dalla volontà di alcuni alcuni studiosi di aprire un nuovo ambito di ricerca, denunciando l'inadeguatezza degli stumenti analitici delle testualità lineare e ritagliandosi così una nicchia nel panorama accademico. Qualcuno è diventato un'autorità in questo campo anche se tutti quanti stiamo aspettando un'Illiade ipertestuale. C'è il rischio che i videogiochi artistici o politici diventino i "cocchi" di critici d'arte digitale e di accademici pur rimanendo elementi marginali nella produzione di senso? Indubbiamente. Tutto sta nella volontà di non accoccolarsi in queste nicchie.
01/16/05 | | | #