INVADERS!

L'opera, tipico esempio di game art contemporanea, sfrutta uno schema di gioco ben conosciuto (space invaders) mettendolo in relazione con una questione di attualità o un evento storico (l'attacco alle torri gemelle). Come nell'originale Space Invaders non esiste un lieto fine, gli invasori presto o tardi riusciranno a raggiungere il loro obbiettivo. Si tratta della ben collaudata strategia del gioco "invincibile" che punta a creare uno stato di ansia nel giocatore ed alludere a qualcosa che sta al di fuori della cornice di gioco, qualcosa di irriducibile ad algoritmo. Una plausibile interpretazione è che il terrorismo è una questione troppo complessa per essere risolta con la forza bruta.
Per tematiche e gameplay Invaders! è simile a New York Defender e September 12th di Gonzalo Frasca.

Anche la polemica relativa all'installazione ha seguito una traiettoria che ricorda da vicino altre vicende (Super Columbine Massacre RPG!, Virtual Jihadi, Rule of Rose e il nostro Operazione pretofilia: il gioco in questione viene descritto in maniera scandalistica da un giornalista e rimbalza rapidamente su altri media, ulteriormente distorto come un perverso gioco del telefono.
Il principio dei cessi comunicanti dei media mainstream è ben esemplificato da questa notizia della ansa che copiaincolla un po' alla cazzo da fonti tutt'altro che autorevoli quali NY Daily e Fox News.
Essendo al momento sulla homepage dell'ansa c'è da aspettarsi che la stampa italica, sorretta da un esercito di stagisti sottopagati, si tuffi a pesce sulla polemica.

E' possibile fare un paio di considerazioni ad uso e consumo di chi intende includere questioni controverse nel medium videoludico.

I giornalisti, esclusi quelli della stampa specializzata ed alcune rare eccezioni, NON giocano ai videogiochi.

Ci si può lamentare fino alla nausea, ma è un dato di fatto su cui è necessario rapportarsi. Talvolta è una questione generazionale, talvolta è un problema di accessibilità del software, talvolta è pura superficialità. Addentrarsi in un testo non lineare, comprenderne tutte le implicazioni è un'attività che richiede tempo (che i suddetti stagisti sottopagati non hanno), devozione. Spesso è necessaria una certa destrezza dal momento che non è sempre possibile saltare parti del testo come le pagine di un libro.
Inoltre la descrizione lineare di un prodotto interattivo è di per sè problematica. Riassumere un film o un libro, descrivere un immagine è qualcosa che si impara alle elementari. Rendere conto di un oggetto che risponde in maniera significativa all'intervento del lettore/utente/giocatore richiede una certa familiarità con il concetto di sistema o di algoritmo.

Nonostante tutto, il cattivo giornalista si sente autorizzato a parlare di un gioco senza averci giocato basandosi su due assunti. Primo: rappresentare qualcosa in forma di videogioco equivale automaticamente trivializzarlo (sottotesto: perchè i giochi sono cose da bambini e servono per divertirsi). Secondo: il videogioco autorizza, premia, e perciò supporta moralmente determinate azioni. Così un gioco come Rule of Rose diventa "Vince chi seppellisce viva la bambina", un'opera personale ed enigmatica come Virtual Jihadi diventa "Uccidi il presidente Bush" e così via.

Forse è caso di constatare che i giochi sono troppo vulnerabili alle distorsioni dei media mainstream, che la provocazione anche se sottile, ambigua e stimolante può essere sempre essere brutalmente ricondotta all'ordine di discorso dominante.

Considerazioni e cronistoria della polemica su Invaders! dal blog dell'autore.

Una panoramica sulla sua notevole produzione artistica di Duglas Edric Stanley su WMMNA.

08/30/08 | | #