RETROGAMING: BAD DAY ON THE MIDWAY

I loro primi concept-album erano degli inquietanti taglia e cuci di famose canzoni pop, suoni ambientali, voci monotone e pesantemente filtrate. Successivamente iniziarono ad usare sintetizzatori pur mantenendo la stessa attitudine alla parodia e alla destrutturazione delle canzoni commerciali e la predilezione per i registri cupi proto-new-wave. Furono i primi criticare il divismo dell’industria discografica gestendo in maniera quantomeno anomala la loro immagine pubblica. Perennemente mascherati da enormi bulbi oculari, apparirono raramente in pubblico e si affidarono prevalentemente alla comunicazione mediata creando dei videoclip ante-litteram e, nel corso degli anni novanta, alcuni ambiziosi progetti multimediali. Uno di questi lavori fu Freak Show, un cd interattivo sui fenomeni da baraccone che popolavano circhi e fiere fino all'inizio del secolo scorso.
In Bad day on the Midway ritroviamo lo stesso immaginario di Freak Show ma su un impianto decisamente più ludico ed articolato. Il giocatore inizia l'avventura nei panni di Timmy, un ragazzino che capita in un bizzarro parco giochi. Muovendosi fra le varie attrazioni incrocerà svariati personaggi che racconteranno le loro tragiche e grottesche storie. Il marchio dei Residents emerge dal gioco identitario che viene innescato sin dalle prime battute. Il giocatore infatti ha la possibilità di abbandonare il corpo di Timmy per assumere la prospettiva di ognuna delle persone che si aggirano per il parco. Ogni personaggio ha accesso a diverse aree e si relaziona con gli altri visitatori in maniera del tutto personale. Il cambio di ruolo è praticamente necessario per attivare le bellissime sequenze animate che costellano il parco. A differenza delle avventure grafiche, non ci sono enigmi da risolvere e nemmeno una rigida narrazione, non si gioca per sapere come va a finire la storia ma per capire le molteplici sottotrame e le storie dei personaggi. Con l'avanzare del viaggio si potrà capire l'origine del morbo che ad un tratto infesta il parco, fare luce sul passato di un serial killer che uccide per liberare il mondo dalla bruttezza e così via. La bassa interattività è compensata dalla qualità delle sequenze non interattive, create da svariati artisti con l’uso delle tecniche più disparate. Inoltre il nucleo del gioco è basato su un agoritmo che randomizza gli incontri cosicché difficilmente potrà accedere di ripetere esattamente la stessa esperienza di gioco.
Bad day on the Midway ebbe un notevole successo di critica e di mercato, fu elogiato per la sua qualità tecnica e perché fu uno dei primi prodotti che sfruttavano appieno le potenzialità dell’allora neonato formato cd-rom. Pochi però si soffermarono su quell’uso originale - e successivamente mai più utilizzato - dell’immedesimazione. In Bad Day on the Midway il cambio di ruolo non è solo funzionale all’esplorazione del mondo, non è solo performativo (in tutti i videogiochi si scelgono degli avatar soprattutto in base alle loro capacità). Una volta “entrato nella testa” di un avventore del parco il giocatore potrà controllare solo gli spostamenti ma i dialoghi verranno interamente gestiti dal suo ospite. Nella parte inferiore dello schermo compariranno i pensieri del personaggio in relazione alla situazione che si troverà ad affrontare, un vero e proprio flusso di coscienza che aiuterà a far capire suoi tick, i desideri e le idiosincrasie. Più che a prendere il controllo di un personaggio al giocatore è chiesto di provare empatia, di capire perché si comporta in quel modo.
Il messaggio forse è proprio quello che la diversità, anche quella più inquietante del freak o del serial killer cela una profonda umanità e tragicità che può essere compresa solo se si accetta di cambiare punto di vista. E semmai la vera mostruosità è nel parco stesso, questa vivida metafora della società dello spettacolo, che spaccia la propaganda bellica per attrazione, che fa pornografia delle tragedie storiche, che riduce l'alterità a spettacolo da guardare a distanza con morbosa curiosità.