Oiligarchy: l'affare più viscido che c'è

11/28/2008

IVAN FULCO
Oggi sono l'amministratore delegato di un'importante multinazionale petrolifera. Il gioco si chiama Oiligarchy, è un gestionale in Flash ed è l'ultimo political game targato Molleindustria. Scrive il gruppo italiano sul suo sito: «Esplora e trivella in giro per il mondo, corrompi i politici, blocca le energie alternative ed aumenta la dipendenza petrolifera. Divertiti il più possibile prima che le risorse si esauriscano». E allora così ho fatto. Questa è la mia storia...

1946. Il futuro promette bene. La dipendenza petrolifera del pianeta è al 30%. La mia multinazionale inizia le sue attività dal Texas, dove eseguo un primo sondaggio e rilevo un giacimento. Installato il primo pozzo, la produzione soddisfa immediatamente la domanda.

1948. Inizio a effettuare sondaggi e a costruire impianti di piccole dimensioni in Venezuela e Nigeria. In entrambi i casi devo distruggere estese zone di foresta.

1949. Scopro di non poter estrarre in Alaska e Iraq, due aree molto ricche di petrolio. Nel primo caso per motivi ambientali, nel secondo per motivi politici.

1950. È l'anno delle elezioni negli Stati Uniti. Il partito dell'Elefante (70%) è favorito rispetto a quello dell'Asino (30%), quindi sovvenziono entrambi proporzionalmente. «Non essere troppo ideologico nelle tue donazioni», spiegano le istruzioni. Il vincitore va oliato, il perdente può tornare utile. Ottengo un paio di senatori "oliati", gli altri sono tutti "grigi".

1952. La popolazione americana inizia a trasferirsi nei sobborghi. Questo cambiamento sociale incrementa la dipendenza petrolifera.

1956. Una legge del Congresso degli Stati Uniti, sponsorizzata dai miei senatori "oliati", mi permette finalmente di avviare l'estrazione in Alaska.

1958. Nasce l'OPEC. I prezzi del greggio aumentano, gli azionisti della mia multinazionale sono soddisfatti.

1960. Le popolazioni nigeriane, per protesta contro il disboscamento, occupano i miei impianti. Le mie attività, tuttavia, continuano a estendersi in altre zone del mondo.

1965. In questi anni la richiesta di petrolio aumenta esponenzialmente, ma la mia capacità di estrazione riesce prontamente a soddisfare la domanda.

1970. Nuove elezioni negli Stati Uniti. Le mie donazioni sono generose e viene eletto il primo "presidente petroliere" (petroligarca). Ora ho la possibilità di accedere ai sotterranei di Washington, per gestire attività di cui la popolazione «dovrebbe essere all'oscuro».

1971. Avvio operazioni segrete di finanziamento dell'opposizione in Venezuela.

1973. Il Congresso vota una legge per la costruzione di una rete autostradale «ispirata all'Autobahn nazista».

1975. La dipendenza petrolifera supera ormai il 75%.

1977. All'estero, le popolazioni indigene continuano a occupare i miei stabilimenti, per motivi politici o ambientalisti.

1978. Gli scienziati lanciano l'allarme sull'effetto serra. La pressione politica potrebbe farsi sentire alle prossime elezioni.

1979. Il Texas è ormai completamente disseminato di impianti di estrazione. La domanda mondiale di petrolio ha eguagliato l'offerta, mettendo in allarme gli azionisti della mia società.

1980. Nuove elezioni negli Stati Uniti. Lo scarto di popolarità tra i due partiti è solo del 6%. Questo rende difficile scegliere chi "oliare". È così che sbaglio le donazioni e perdo molti senatori e il "Presidente petroliere". Al Congresso compare il primo senatore "verde".

1981. A Washington, fuori dal Congresso, iniziano a intravedersi i primi gruppi di ambientalisti con megafoni e cartelli.

1982. Per decisione del Congresso, il sistema tranviario viene ridimensionato. Questo incrementa la dipendenza petrolifera.

1984. Esaurite le zone di trivellazione nei territori liberi, installo un impianto su un lago nigeriano, provocando la moria dei pesci.

1988. Il cambio di governo in Venezuela crea i primi problemi alle mie attività di estrazione.

1990. Dopo le nuove elezioni, oltre il 60% degli esponenti del Congresso sono ambientalisti.

1991. La situazione si fa difficile. A Washington non ho sufficiente supporto. Tuttavia, la mia capacità di estrazione, enormemente superiore alla domanda fino a pochi anni fa, comincia a risentire dell'esaurimento di alcuni giacimenti.

1993. Scoppia la bicimania.

1994. Nell'opinione pubblica si diffonde la coscienza del global warming.

1995. Viene promulgata la carbon tax.

1999. Nonostante la crisi energetica e la propaganda ambientalista, scoppia la moda dei SUV.

2000. Nuove elezioni negli Stati Uniti. Attraverso sovvenzioni mirate riesco a riprendere il controllo del Congresso. Il Presidente torna a essere un petroligarca.

2001. Tra le operazione speciali segretamente disponibili a Washington scelgo: «Spingi l'alleato Kuwait a danneggiare l'economia irachena. Questo potrebbe provocare un conflitto e giustificare un intervento nella regione».

2005. La domanda di petrolio è ai massimi storici. In Nigeria e Venezuela estraggo a pieno regime. Il Texas sta esaurendo le risorse. L'Alaska resiste, ma l'Iraq è tuttora bloccato.

2007. Tra le operazioni speciali scelgo: «Per un nuovo secolo americano necessitiamo di una nuova Pearl Harbor che svegli il gigante addormentato. Provoca e facilita uno spettacolare attentato terroristico negli USA».

2010. Nuove elezioni negli Stati Uniti. Per le multinazionali del petrolio sono un trionfo. A Washington i gruppi ambientalisti sono numerosissimi, ma dentro il Congresso ormai ho il pieno controllo.

2011. Attraverso gli "aiuti internazionali", finanzio in segreto gruppi di estrema destra in Venezuela che ostacolino le riforme sociali.

2012. Ancora in segreto, finanzio l'opposizione sciita per un cambio di regime in Iraq.

2013. In Nigeria la situazione è rovente. Per interrompere le proteste contro i miei impianti, corrompo il governo locale, finanziando in segreto raid armati nei villaggi nigeriani e promuovendo la pubblica impiccagione degli attivisti.

2017. Nuovi attentati terroristici fanno stringere il popolo americano intorno alle istituzioni e riducono il numero di attivisti interni.

2018. Nonostante la favorevole situazione politica a livello mondiale, i giacimenti di petrolio si stanno ormai esaurendo. Da anni, ormai, la domanda supera l'offerta.

2019. La crisi si aggrava. Gli azionisti iniziano a insorgere.

2020. La crisi è ormai irreversibile. Gli azionisti mi rimuovono dall'incarico di amministratore delegato. Per me è Game Over.

Leggendo i commenti al gioco scoprirò che c'era ancora molto margine di manovra nella mia avventura. E che uno dei finali possibili, perchè un finale in Oiligarchy è inevitabile, portava alla fine del pianeta. Capisco che ho non operato bene in termini di pianificazione dell'estrazione, prosciugando troppe riserve nel primo trentennio dopo la guerra. Sono stato avido. E per questo sono stato licenziato. Ma ragionando in prospettiva, forse, avrei potuto bilanciare meglio la dipendenza petrolifera, mantenendola su livelli vantaggiosi per molti altri decenni. E avrei potuto vincere. Ovviamente, portando al collasso il pianeta Terra. Ma non importa, sarà per un'altra volta. Almeno, nel videogioco.