MEDIA CONTAGIOSI


E' nata una stella

Gary è un diciannovenne del New Jersey che nell'estate del 2004 decide di pubblicare un breve filmato su internet. Niente di sconvolgente: davanti ad una webcam e sulle note di un tormentone pop, il corpulento ragazzo si esibisce in un balletto con tanto di cantato in playback. Inizialmente destinato ad una ristretta cerchia di amici, Numa numa dance inizia a diffondersi come un'epidemia: è linkato da migliaia di blog, ripubblicato su innumerevoli siti, diffuso capillarmente dal tam-tam via e-mail. Presto anche il mondo offline si accorge del fenomeno. In pochi mesi la pixellosa faccia di Gary rimbalza sulle pagine di tutti i quotidiani ed è ritrasmessa sui maggiori canali televisivi.
Quando vidi prima volta Numa numa dance avvertii un misto di irritazione e stupore. Non riuscivo spiegarmi un successo così sconvolgente. Non c'è dubbio che il videoclip sia simpatico, che la performance sia ben riuscita e che la nota canzone degli O-zone abbia costituito un fattore di traino determinante. C'è forse il pizzico di gusto cinico nell'assistere ad un'autoumiliazione. Stempiato, grasso e con gli occhiali, Gary è il prototipo dello sfigato. Eppure è dotato di una certa capacità attoriale e simpatia che non lo fanno sprofondare completamente nel patetico. Sono convinto che qualcos'altro in quel videoclip deve aver colpito nel profondo l'immaginario del navigatore medio.
Quell'immagine a bassa fedeltà siamo ormai abituati a riconoscerla come proveniente da una webcam e il riflesso del monitor sulle lenti degli occhiali non lascia adito a dubbi: Gary è di fronte ad un computer. Esattamente come i suo innumerevoli spettatori. Gary balla e si dimena ma stando sempre seduto nella postazione come se la sua performance fosse estemporanea e del tutto fuori luogo. Ho il sospetto che le migliaia di lavoratori, studenti, blogger che hanno dato la prima spinta propulsiva al fenomeno si siano in qualche modo identificati in Gary. Un popolo di internauti che ha immediatamente solidarizzato con un atto di liberazione dalla schiavitù del monitor.
Il personal computer a metà degli anni Novanta perde l'aura di seriosità che gli era stata precedentemente attribuita, diventa una piattaforma multimediale per lavoro, studio ed intrattenimento. L'avvento di internet rende possibile il lavoro da casa mentre quello in ufficio è sempre meno irregimentato vista la possibilità di perdersi nel grande ipertesto e di comunicare con persone che non appartengono necessariamente all'ambiente di lavoro.
E' inevitabile ed ormai quasi comunemente accettato che in presenza di un computer collegato in rete i tempi di lavoro/studio e i tempi di riposo/svago si confondano. Numa numa dance sembra tematizzare questo passaggio epocale ed al contempo costituire l'oggetto mediale perfetto per spezzare il ritmo del lavoro eterodiretto. Un breve, leggero e scandalosamente inutile spot prima di tornare al foglio di calcolo o alla ricerca di scienze.

Costretto a comunicare
Sono ad uno dei tanti rivenditori di telefonia mobile della città:
“Vorrei caricare dieci euro sul cellulare”.
La commessa mi sorride:
"Questa settimana c'è l'offerta S. Valentino, con soli due euro in più le forniamo 100 SMS da inviare entro due giorni".
Trasalisco. Non credo di aver spedito cento messaggi in tutta la mia vita, figuriamoci in due giorni. Vista la mia lentezza nel comporli la promozione mi appare come una punizione da girone infernale. Inoltre ho da poco rotto con la fidanzata.
Protesto ma non c'è nulla da fare, se voglio la ricarica devo pagare i due euro. Un'offerta che non posso rifiutare. Pago ubbidiente ed esco.
In televisione la pubblicità delle compagnie telefoniche è martellante e sono abbonato ad una connessione internet che riesco a sfruttare solo in minima parte.
Banale a dirsi: la mia loquacità non è aumentata di pari passo alle possibilità di comunicazione.
Compresi lo spirito del mio tempo una mattina d'autunno, nel cortile della mia scuola. All'epoca i cellulari non erano così diffusi, solo i compagni più al passo coi tempi ne avevano uno. Ero proprio accanto a uno di loro quando sentii il primo squillo .
"Perchè non rispondi?" chiesi innocente.
"E' uno squillo " mi rispose. Uno squillo era un atto comunicativo abortito in partenza. Dal momento che non era codificato poteva significare qualsiasi cosa: ti amo, ti odio, ti sto pensando. In telefonia fissa sarebbe corrisposto ad uno scherzo telefonico, uno chiama e riaggancia subito con la differenza che si sa chi è stato.
Forse il paragone informatico è più illuminante. Nel lessico del networker l'equivalente dello squillo è il PING, acronimo di Packet InterNet Groper , un programma che spedisce pacchetti di informazione da un computer all'altro al solo scopo di verificare l'efficienza del collegamento. Le informazioni spedite dal PING non sono veri e propri messaggi perchè non significano nulla, sono segnali di servizio. Lo squillo, che si diffuse rapidamente tra i giovani, era la stessa cosa, un pizzicotto digitale. Esisti? Esisto!
Esistiamo entrambi.
L'importante non è la comunicazione di per sè ma far parte di una rete. La reperibilità, da incubo del lavoratore tradizionale diventava un status symbol.
E' una manovra a tenaglia: da una parte mi forniscono un'infrastruttura tecnologica smisurata, dall'altra mi propongono un sistema di valori in cui la mia connessione è vitale per la realizzazione sociale. L'unica possibilità che rimane è mantenermi in connessione, sfruttare questi dispositivi anche senza manipolare simboli. I media contagiosi vivono proprio su questa premessa e sono in un certo senso la soluzione ad un'empasse. Spedisco un messaggio perchè mi hanno imposto questo bisogno e ne ho la possibilità tecnica. Ma non posso fare altro che spedirlo prefabbricato perchè non ho il tempo ne' la capacità di crearne uno da zero.

Tassonomia
Il termine “media contagioso" è stato coniato da Jonah Peretti, l'autore di alcuni dei più riusciti ed intelligenti esperimenti di diffusione virale. Secondo Peretti il capitalismo globale ha prodotto centinaia di milioni di impiegati annoiati che passano il tempo a navigare in internet e inoltrare email. Impiegati che hanno inavvertitamente creato il Bored at Work Network (BWN) che è diventato il più grande media alternativo a quelli corporativi. Il suo auspicio è che artisti, attivisti e hacker utilizzino questo network per arrivare a millioni di persone in tutto il mondo.
Si può dire che i media contagiosi siano discendenti più o meno legittimi del viral marketing ossia quell'insieme di tecniche rivolte allo sfruttamento di network sociali preesistenti al fine di incrementare la visibilità di un marchio. Il termine era inizialmente riferito ai servizi di posta elettronica che non richiedevano il pagamento di un abbonamento ma si riservavano il diritto di inserire messaggi pubblicitari in calce alle e-mail dei propri utenti. Ora il concetto si è esteso a tutte le pratiche che sfruttano i meccanismi di diffusione virale in rete. Un tipo di diffusione che procede esponenzialmente in maniera simile alle epidemie. L'obbiettivo dichiarato del viral marketing (o viral advertising) è quello di spingere le persone a condividere con i propri conoscenti un messaggio pubblicitario. Un messaggio che di norma è confezionato come prodotto di intrattenimento o come notizia e quindi non è percepito come comunicazione commerciale in senso stretto.
Parallela a quella commerciale esiste una sconfinata produzione spontanea di media contagiosi. Farne una tassonomia sarebbe un lavoro notevole, il panorama è in continua evoluzione e basta avventurarsi nei meandri della rete per scoprirne ogni volta di nuovi. Tuttavia possiamo individuare alcune categorie ben riconoscibili.
Spiccano per notorietà i filmati amatoriali come Numa numa dance la cui estetica fai-da-te si sta rapidamente diffondendo al di fuori dalla rete. Non è un caso che le nuove sequenze di intermezzo di MTV abbiano abbandonato la grafica vettoriale (anch'essa mutuata dal design manieristico della rete) per mostrare gag demenziali del tutto simili a quella di Gary. Esistono poi animazioni, videogames, files audio, presentazioni in formato Power Point e contenuti testuali come barzellette.
Una categoria a parte è quella degli hoax, notizie false confezionate ad arte per venire riprese dai grandi e piccoli media. Accanto agli hoax possiamo collocare l'evoluzione digitale delle catene di S. Antonio. Messaggi di posta elettronica che spaziano dalla richiesta di aiuto ad allarmi di nuovi virus informatici. Il fine è quello di coinvolgere emozionale il lettore approfittando di una sua lettura superficiale e della relativa facilità con cui è possibile inoltrare le e-mail.

I media contagiosi sono media?
Rispolvero qualche nozione risalente alla mia formazione tecnica. Shannon, Weaver e Lasswell modellizzarono i mezzi di comunicazione come macchine per la trasmissione di messaggi. Nella loro logica, rigidamente inquadrata nella teoria dell'informazione, la trasmissione avveniva attraverso l'uso di un canale e di un codice indivisibili, da un emittente ad un ricevente e viceversa. Ad oltre mezzo secolo di distanza la chiave di lettura mediologica ha avuto un discreto successo. Seguendo il suggerimento di Marshall McLuhan possiamo considerare persino le armi o i vestiti come mezzi di comunicazione e quindi immaginare il pianeta rivestito da una trama indistricabile di flussi di comunicazione tecnologicamente mediati. Il sistema dei media è quindi più simile ad un gioco di scatole cinesi in cui emittenti, riceventi e canali si confondono su vari piani, mentre alcuni mezzi sono a loro volta messaggi di altri mezzi.
I media contagiosi rientrano in questa fattispecie, non sono di per sè sufficienti ad attuare un processo di comunicazione ma devono sfruttare in maniera parassitaria altri mezzi. Il tessuto che infettano è quello che ribolle sotto la superficie commerciale di internet. Quell'insieme di microreti costruito dal basso dal lavoro volontario degli utenti attivi di internet. Una costellazione di liste di indirizzi, newsletter, portali e blog che si impongono grazie alla loro funzione di riduttori di complessità. Soprattutto questi ultimi, i diari online, determinano il successo dei media contagiosi perchè sono utilizzati da moltissimi utenti come bussole per orientarsi su tutto quello che accade in rete e allo stesso tempo come raccoglitori di news curiose e bizzare.
Nella maggior parte dei casi il blog, preso singolarmente, ha un bacino di lettori molto limitato ma è frequentato da altri blogger che possono scegliere di ripubblicare la notizia facendola filtrare in un altro piccolo bacino. La cosiddetta blogosfera è quindi un sistema di vasi comunicanti in cui la ridondanza dell'informazione è una caratteristica strutturale.
Gli entusiasti del world wide web raccontano spesso della rivoluzione culturale che comporta il passaggio da una comunicazione uno-a-molti verso un modello molti-a-molti . I vecchi mezzi di comunicazione di massa come le radio, i giornali e le televisioni funzionano secondo una struttura centralizzata e unidirezionale in cui uno (o comunque pochissimi) enunciatari dispongono di un mezzo infinitamente potente per raggiungere una gran numero di riceventi passivi.
La diffusione dell'infotelematica e dell'elettronica di consumo provoca una moltiplicazione degli enunciatari in un sistema per il momento parallelo e concorrente a quello dei vecchi media. Un sistema per forza di cose più democratico e pluralista.


Modello di comunicazione “uno a molti”


Modello di comunicazione “molti a molti”

Il presupposto che regge questi schemi è che le frecce corrispondano ad effettivi atti di enunciazione. Nel caso dei media contagiosi questo non avviene: i canali utilizzati sono quelli che rendono possibile la comunicazione molti-a-molti ma dal punto di vista della produzione del senso il meccanismo rimane nel campo dell'uno-a-molti. Chi parla è sempre un soggetto ma in questo caso cerca di integrare (i guru del marketing usano la parola "evangelizzare") i propri destinatari nel meccanismo di diffusione.


Modello di comunicazione virale


Quando il media contagioso ha scopo commerciale, l'agire comunicativo della collettività e i legami affettivi che strutturano i network sociali sono, come si suol dire, "messi al lavoro". Un lavoro ovviamente non retribuito. E' solo uno dei tanti esempi di come nell'era del capitalismo cognitivo la produzione di valore avvenga a partire dalle nostre pratiche quotidiane.
La diffusione virale è allora una riedizione peggiorata del broadcast? Non esattamente perchè la superficie su si muovono i media contagiosi è tutt'altro che liscia. A differenza delle epidemie e dei virus informatici, i media contagiosi si diffondono grazie all'agire consapevole di una molteplicità di attori. Scegliere di far passare o no un messaggio attraverso il proprio blog o la propria rete di conoscenze è un esercizio democratico non trascurabile.

La collaborazione

"E' iniziato tutto in maniera innocente quando un utente di un sito di assistenza della Apple pubblicò una foto del suo gatto Frankie che contamplava un fiore. Poco dopo un'altro utente pubblico la foto del suo gatto sulla scrivania che osservava l'immagine di Frankie su un monitor. Decisi che era un concetto abbastanza divertente ed avanzato e lo presi come base per Infinite Cat Project . Si tratta semplicemente di gatti che guardano gatti che guardano gatti in un ambiente elettronico."


Con questo breve paragrafo Mike Stanfill introduce una delle più riuscite opere collettive nate in internet. Nel momento in cui scrivo quasi altri 1000 utenti hanno continuato la catena inaugurata dalla foto di Frankie. Un'infinito gioco di sguardi e immagini crea una nuova vertiginosa dimensione spazio-temporale. C'è ricorsività, l'immagine digitale, il computer, il senso del network e una buona dose di demenzialità. Gli ingredienti giusti per far impazzire centinaia di internauti amanti dei felini.
La maggior parte dei media contagiosi è difficilmente modificabile, gli svariati passaggi da persona a persona, di norma, non producono modifiche. Si può dire che l'enunciazione è unidirezionale in quanto non ci sono feedback dell'utente finale che influiscono direttamente sul testo. Esiste però una tipologia particolare che fa della partecipazione del pubblico la chiave del successo. Come nel caso di Infinite Cat Project , l'autore si limita a dare uno spunto o uno strumento che consenta all'utente di contribuire in maniera personale ad un'opera collettiva. Percependo l'opera come in parte sua, il fruitore sarà anche più motivato a mostrarlo ai propri conoscenti. Ovviamente nella costruzione di senso rimane un'asimmetria tra l'autore del dispositivo e gli utenti che producono i testi derivati. E' difficile che all'utente sia fornito un grado di libertà tale da poter tradire le intenzioni dell'autore. Per questo motivo i media partecipativi sono usati con successo anche nel campo della comunicazione pubblicitaria.
Sono documentati anche diversi casi di "mutazioni spontanee" di media contagiosi. Avviene in particolare nelle catene di S. Antonio elettroniche che essendo testuali sono facilmente modificabili da chiunque. Alcune catene di e-mail riescono ad esempio a superare i confini nazionali grazie all'intervento di zelanti traduttori. Più interessanti ancora sono le varianti dei messaggi ovvero delle modifiche o aggiunte al testo originale allo scopo di renderlo più efficace. Si presume che esistano degli utenti più smaliziati che si rendono conto di trovarsi di fronte ad una bufala e per qualche motivo decidono di sposarne la missione aumentando il suo potere di infezione.

Estetica dei media contagiosi
Sono in ufficio quando clicco su un link inviatomi da un collega tramite un programma di istant messaging. Il browser carica un'animazione in flash: sullo sfondo di un prato appaiono dei tassi antropomorfi che ballano su una base musicale monotona e martellante. Il cantato accompagna in perfetta sincronia le immagini: badger, badger, badger ("tasso" in inglese), mushroom (fungo), snake (serpente). Il filmato si ripete ciclicamente, le animazioni sono semplicissime ma efficaci e l'alternanza di strofa e ritornello è tanto trascinante che sembra seguire un una sorta di sezione aurea. Per la settimana successiva l'ipnotica danza dei tassi mi perseguita, non posso fare a meno di ritornare su quella pagina di tanto in tanto. E' un piccolo e ben congegnato virus mnemonico in cui tutti gli elementi si rinforzano reciprocamente. Se si cerca la frase "badger badger badger" Google trova più di 37.000 occorrenze (più o meno quante ne risultano cercando "Genova g8") in molti casi si capita in forum pieni di commenti che plaudono all'inventore e riportano dichiarazioni di dipendenza tipo: "l'ho guardato per più di mezz'ora e non riesco a staccarmene". Non posso fare a meno di pensare che l'autore del filmato volesse deliberatamente produrre quell'effetto.
Credo che si stia lentamente costituendo una "scienza" dei media contagiosi. La rete è una fitta giungla di segni che lottano per una maggior visibilità, nell'era di Goggle ogni sito ha la stessa possibilità di emergere dal rumore bianco della produzione di senso. Che sia stato fatto da una grande corporation con investimenti astronomici o da uno studente annoiato nel giro di un pomeriggio poco importa. Ciò che determina il successo di un contenuto online è la capacità di creare e sfruttare networks, di ottenere attenzione, link e segnalazioni da quell'imprevedibile e sconfinato sciame di operatori della rete.
Come in un meccanismo evolutivo si impongono alcuni modelli funzionanti che vengono rapidamente emulati o superati da altri ancora più efficienti. Certo esistono fenomeni casuali come "Numa numa dance" che si esplodono al di là della volontà degli autori, ma non è ardito pensare che si stia delineando una nuova disciplina, una forma di retorica specifica di questi oggetti mediali.
Esistono ormai da tempo agenzie pubblicitarie specializzate nella produzione di brevi filmati chiamati "viral" che cercano di sfruttare la rete come canale di comunicazione parallelo a quelli tradizionali. Attraverso un ponderatissimo uso di elementi provocatori come riferimenti sessuali espliciti, humor nero, morbosità e scorrettezza politica, riescono a fare breccia nel cuore dei navigatori diventando a volte dei veri e propri cult. Il loro stile irriverente si definisce chiaramente per contrapposizione a quello conformista (e regolamentato) della televisione. Solo in questo modo è possibile intercettare l'utente medio di internet, notorialmente più colto e smaliziato del telespettatore modello.

La scienza del contagio
Durante il maggio 2005 si è svolto il Contagious media showdown il primo concorso con lo scopo dichiarato di valutare l'efficacia dei media contagiosi. A dire la verità il primo classificato, un falso sito che vendeva slip anti-tradimento, non ha avuto una risonanza paragonabile a Numa numa dance e a molti altri esempi emersi "spontaneamente" ma sono pronto a scommettere che questo evento sarà un giorno considerato epocale proprio per il suo taglio “para-scientifico”. Scorrendo rapidamente i partecipanti si possono riconoscere alcuni elementi ricorrenti.
Si ritrova spesso una certa autoreferenzialità tecnologica, il web è guidato da tecnocrati più o meno dilettanti, i blog dedicati all'argomento sono sicuramente i più numerosi perciò computers, cellulari ed elettronica di consumo hanno un ruolo da protagonisti.
L'amatorialità è un altra componente molto quotata; nell'era del webdesign omologato da Flash, un brutto sito in stile anni 90 non può che attirare l'attenzione. In occasione del lancio dell'evento si è tenuto persino un workshop per specialisti finalizzato alla creazione di pagine web dal gusto dilettantistico.
Come nei viral la provocazione, la demenzialità e il sesso sono ingredienti necessari. Non posso che simpatizzare con un sito che cerca di lanciare l'assurda moda di piangere mentre si mangia e difficilmente resisto alla tentazione di cliccare sul link di hire-a-killer.com.
Nel complesso non è altro che un campionario di piccole trasgressioni da ufficio e di trovate per guadagnarsi la simpatia dei bloggers. Se si esclude il vincitore, colpisce quanto gli esperimenti più originali e politicamente impegnati siano lontani dai vertici della hit parade.
Esiste probabilmente un forte limite nella possibilità di questi oggetti mediali di trasmettere messaggi complessi. Così come i virus sono forme di vita ridotte ai minimi termini la cui unica funzione è quella di riprodursi, così i media contagiosi devono essere essenzialmente efficaci. Tutti i loro elementi devono concorrere a colpire, sedurre, scandalizzare l'utente per provocare quel click istintivo che provocherà ad un ulteriore contagio. Se si tratta di diffondere un brand associandolo ad un particolare "umore", questi oggetti possono essere molto efficaci. Sul proposito di Jonah Peretti di utilizzare ai fini di critica sociale il network degli impiegati annoiati ho qualche dubbio in più. Forse meglio non farsi prendere da facili entusiasmi.


Paolo Pedercini, giugno 2005


Links

Jonah Peretti, pagina personale

Numa numa numa Dance

The Infinite Cat Project

Badger badger badger

Contagious media showdown




Questo testo e' pubblicato sotto licenza creative commons